Undici metri

C’era un po’ di pulviscolo nella luce che entrava di traverso dalle finestre aperte, quella luce di un tardo pomeriggio estivo che non ti aspetti.
Seduto sul divano con la mia magliettina azzurra sono sudato e non sono mai stato così nervoso in vita mia. Si dice che il primo incontro con la Morte non si scorda mai, e per me l’esperienza di quel tardo pomeriggio ci andò molto vicino: a 11 anni i calci di rigore sono molto simili a una fucilazione. Specie quando Di Biagio prende solo due passi di rincorsa dal pallone di Francia ’98 e poi spara fortissimo sulla traversa dello Stade de France: sento ancora, ogni tanto, il “tud” sordo del pallone che incoccia il legno.

italia-francia-98

Poi sono cresciuto rapportandomi sempre a quel momento, pensando a quanto un secondo possa segnare la vita di qualcuno. Alla questione degli attimi, dei centimetri. Se solo avessi fatto leggermente più in là…
A 18 anni tocca a Shevchenko nella stramaledetta notte di Istanbul lasciarmi attonito su un divano circondato da amici, in una fresca notte di fine primavera, con la leggera aria ad asciugarmi il sudore patito durante la partita. Stavolta non c’è nessun rumore, solo un pagliaccio sulla riga di porta che non deve neanche indovinare la traiettoria della palla, tanto è tirata male.

sheva liverpool

Poi ci sono Zaza e Pellè, a 29 anni, a ricordarmi di quanto sia ingiusta la vita, di quanto i calci di rigore siano uno stillicidio di emozioni, di paure, di ansie e che alla fine vincono sempre i tedeschi.
Siamo guasconi come Graziano, che sbeffeggia il portiere teutonico e poi tira una scamorza inguardabile. Anche lui è la metafora di quello che siamo, forse. Non lo so. Forse nemmeno mi interessa.
Ma poi ripenso a quando, a 19 anni, dopo il rigore di Grosso esco correndo dalla stanza del resort e mi metto a fissare il mare. O quando a 13 anni il cucchiaio italico per eccellenza mi fece venire la pelle d’oca. O quando a 25 anni Andrea da Brescia rifà la stessa cosa e manda a casa gli inglesi. Oppure a 16, quando Andrij spiazza Gigi e non lo dimenticherò mai più.

Final Italy v France - World Cup 2006

Forse, fra qualche anno, qualche altro azzurro mitigherà un po’ quest’incubo che ho per i tiri dagli undici metri. Lo sappiamo tutti, è una ruota che gira: oggi si soffre, magari domani no.
Magari domani lei mi guarderà come abbiamo guardato il rigore di Grosso contro la Francia, oppure avrà gli occhi che avevamo dopo il tiro di Di Biagio di 18 anni fa (era il 3 luglio, guarda un po’). Ma alla fine l’unica cosa bella dei rigori è quando mettono la palla sul dischetto e fanno tre passi indietro.
L’attesa di un qualcosa di unico col cuore che batte all’impazzata.